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Riflessioni a margine

a cura della Dott.ssa Elisa Bertoja
Assistente sociale e Criminologa sociale

Vicini da incubo – Italia

Incontrando le persone più diverse molto spesso capita di imbattermi nei cosi detti “disagi tra condomini”, in cui la scarsa pazienza di qualcuno viene messa costantemente alla prova da parte del condomino che sta al piano di sopra che a tutti i costi alle tre di notte tornando da una bella serata si sente in diritto di passeggiare noncurante con i tacchi per casa oppure, quando in estate bagnando i fiori il condomino del piano di sopra non si rende proprio conto che l’acqua cola sui vestiti stesi di chi abita al piano di sotto, ecc. Incautamente pensavo che vivere in un’abitazione indipendente, fuori dalla città, potesse essere un privilegio e salvare da così tanta “contaminazione” e varietà di abitudini, di desideri e di diritti. Invece no! Anche vivere nei quartieri in cui la fanno da padrone le villette a schiera o le piccole zolle di terra che circondano case lussuose, può celare il disappunto. Ad esempio quando alle due del pomeriggio il vicino di casa alla nostra destra decide di dare una spuntata alla siepi provando il nuovo decespugliatore o quando il suo animale domestico scappa lasciandomi in regalo una bella buca nel giardino, ecc. ecc. ecc. L’eccetera reiterato è voluto. Ognuno di noi può liberamente pensare a qualcosa che lo indispone. Detto questo, la maggior parte di noi probabilmente è dotato di una buona dose di self-control e sa che, in qualunque contesto si abbia la fortuna di risiedere, il proprio diritto alla tranquillità ed all’autonomia si deve equilibrare con il diritto alla tranquillità ed all’autonomia altrui. Allora si impara a comprendere che la mamma che abita al piano di sopra, avendo dei figli ed un lavoro, difficilmente può fare la lavatrice solo ed esclusivamente negli orari preposti alla bi-oraria od al riposo condominiale perché l’imprevisto permea il suo mondo da genitore oppure capisce che i cani sono animali domestici appassionati dei postini e molto probabilmente segnaleranno l’arrivo mattutino della posta, abbaiando entusiasti. Così come per i gusti altrui: i condomini, le grandi città, così come le contenute zone residenziali spesso nel periodo natalizio possono apparire molto “colorate” per così dire, perché se a me le decorazioni natalizie piacciono bianche ed oro al mio vicino possono invece piacere rosse e verdi mentre per un altro ancora possono essere meravigliose le luci ad intermittenza. “Tutto il mondo è paese” recitava una vecchia massima e direi che nulla c’è di più vero.

Accanto però a tanti esempi di civiltà e buona educazione, si trovano altrettanti esempi di vicinato da incubo, in cui anche la relazione tra vicini si permea di cattiveria e di schermaglie continue e logoranti al punto da arrivare alla configurazione di un vero e proprio reato: lo stalking.

Lo stalking, disciplinato dall’art. 612bis c.p. e introdotto nel 2009 “punisce con la reclusione da sei mesi a cinque anni gli atti persecutori, ovvero il comportamento di chiunque, con condotte reiterate, minacci o molesti taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato d’ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona a cui è legata da una relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. La reiterazione può costituirsi anche solo da due condotte per far scattare a querela di parte il reato in disquisizione, perfezionandosi laddove vi sia a carico della vittima un effettivo cambiamento delle proprie abitudini di vita o uno stato di ansia o di paura tale da indurlo a modificare le proprie abitudini quotidiane pur di sfuggire allo/a stalker. Più di 2 milioni di cause pendenti presso i tribunali italiani sono legate allo stalking di vicinato. È un dato enormemente alto perché ci fa capire quanto poca capacità di mediazione il cittadino ha e quanta poca voglia di immedesimarsi nelle altre persone ci sia. Tuttavia resta una questione di educazione e di civiltà. Un esempio di attenzione e di cura che ciascuno dovrebbe avere nei confronti degli altri.

Proprio su questo il controllo del vicinato ed i suoi principi ispiratori possono aiutare e possono giocare d’anticipo. Il vicino ostico tendente alla lamentele e alle azioni eclatanti di solito si nota, lo si sente e lo si riconosce, poco fa per nascondersi. Chi tende ad isolarsi e ad evitare di relazionarsi con il vicinato, uscendo poco e parlando ancor meno, in genere adotta un comportamento da vittima, da vittima che ha paura o è spaventata. Parlarsi, conoscersi, riconoscersi e intravedersi nelle proprie similitudini resta la chiave per prevenire, per non covare rancori inutili. Poco importa se le tue briciole scendono sul mio balcone, perché così gli uccellini avranno qualcosina da beccare nei giorni più freddi e poco conta se il tuo albero di Natale è troppo alto o pende a sinistra, perché è il tuo Natale e tu, altro me, hai diritto all’atmosfera gioiosa e festosa che desideri, senza che io mi senta in dovere di pretendere o di dire qualcosa.

Pochi sanno che in talune forze di Polizia Locale esiste un nucleo di agenti molto speciale, il Nucleo di Prossimità, che oltre ad occuparsi di prevenzione e trattamento di reati di violenza domestica ed assistita, di stalking si occupa anche specificamente di “mediazione condominiale”. Ovviamente per quei casi in cui la conciliazione è ipotizzabile, dove si può quindi parlare di prevenzione, provando a mediare tra le parti per non finire in sede penale. Quando cioè non si sia già arrivati al livello del caso ben veicolato nella serie televisiva “The Watcher”, lo stalker mai punito, tratto da una storia vera ai danni di una famiglia che si era da poco trasferita nella casa dei propri sogni e che, invece, diventa un incubo. Durante i colloqui di mediazione condominiale vengono consigliate strategie semplici, a tratti banali: ad esempio? utilizzare le pantofole in casa. Può sembrare ridicolo che un consiglio così efficace debba darlo un agente, tuttavia, vi trovereste stupiti da quante persone si indispongano all’idea di non sentirsi liberi di indossare le calzature che vogliono in casa propria. E nasce tutto da qui. Da quanto siamo disposti a concedere della nostra libertà per il bene di tutti. Pensiamoci.

Vi aspetto alla prossima riflessione!

Elisa Bertoja

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